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Il flusso di pensieri di una mosca bianca.

giovedì 3 aprile 2014

Covo sicuro

   Capital City, estrema periferia.
Raggiungibile in dieci minuti dalla periferia, in mezz'ora a piedi partendo da casa di Astrid vi è una vecchia distilleria abbandonata. L'ingresso è intatto e passando dagli uffici tinti di un bianco sbiadito, si scende al piano -1. Fra il decadimento generale, alcune colonne di riempimento – una decina di recipienti cilindrici in acciaio – sono rimasti intatti. Contando da destra, il sesto container in realtà funge d'accesso al covo tramite una botola all'interno di esso che porta al livello sotterraneo. Tutti i recipienti sono esattamente uguali, comprendenti di scaletta e valvole della pressione: è difficile individuare quale sia quello che porta al covo, poiché con un sistema di occlusione formato da una lamina d'acciaio spessa tre centimetri, la botola viene occultata con un doppio fondo. All'apertura del portello un albero verticale lungo circa 50 metri di profondità conduce al nascondiglio. Un grande riflettore è stato inoltre apposto alla base della discesa, che permette l'illuminazione del tunnel. La galleria è scavata nella roccia e rivestita da una membrana di ferro che grazie alle moderne tecniche di scultura ed isolamento termico, rende l'area un luogo asciutto e vivibile. Al termine del breve corridoio è presente una porta a tenuta stagna che si apre con un'immissione dello scanner retinale e della password della proprietaria. In alto un simbolo: un ottagono con la figura di un coniglio bianco. Al di sotto di esso, la dicitura: “No. 2 – The Looking Glass”.
      
–No. 2;The Looking Glass

L'ambiente segue una geometria ovale e il soffitto alto è delimitato da una cupola rivestita da pannelli di ferro triangolari. All'interno tutto è disposto meticolosamente per riprodurre perfettamente le condizioni asettiche di un laboratorio dotato di tutto il necessario. Inoltre, in una zona distaccata si trova una camera completamente sigillata – una sala operatoria vera e propria.(//up navale - sickbay) La centrale operativa ha sede in un'altra stanza, e permette il controllo dei punti di accesso ed il perimetro della zona grazie a diverse telecamere, sensori di rilevamento termico e di movimento disposti in punti strategici, e di entrare in contatto con i canali esterni collegati alle reti cortex locali e generali. Il computer, altamente protetto, presenta una disco tripartito che cataloga i diversi files. La struttura è dotata di una rete locale ed esterna in fibra ottica e l'impianto elettrico del covo è garantito da un generatore autonomo, così come il sistema di riscaldamento. Tutte le porte a tenuta stagna sono regolate, sia dall’interno che dall’esterno, da immissione di password numerica. Sono inoltre progettate per sigillare lo spazio abitativo dalla la sala computer in caso d'incidente.
             
 –Living Area

In un'altra zona del sotterraneo si accede, attraverso uno stanzino dotato di diversi specchi, a un'area dotata di tutti i comfort nella quale cui gli occupanti della stazione possono rimanervi all'interno quando non lavorano. Questa zona ha molti vantaggi: una camera con alcuni letti di emergenza, un bagno con doccia funzionante e acqua calda, attrezzature sportive varie, un angolo pranzo, una zona cucina attrezzata e una zona lounge dotata scaffali ben forniti di medicine d'emergenza e cibo.
        
 –Vie di fuga

Infine è presente un passaggio, che si compie in buona parte attraverso i tunnel sotterranei - di cui solo Astrid possiede la mappa - che sbuca in un box a circa 700 metri dopo la distilleria. Lì è presente uno spazio per mezzi, nel caso ci sia bisogno di fuggire.

mercoledì 2 aprile 2014

L'appartamento di Astrid




In una zona periferica, situata nei sobborghi di Capital City, vi è una frazione spesso e volentieri coperta da un sottile strato di nebbia poiché il quartiere è adiacente ad un fiume artificiale. Diversi alberi con fronde molto alte sono piantati lungo tutto il viale ed alcuni di questi tendono ad ingobbirsi in prossimità del contenuto strapiombo che collega una striscia di terra all'acqua del fiume. Un enorme palazzo, probabilmente un'ex casa signorile, si erige totalmente coperto dall'edera e tutto intorno è recintato da un cancello in ferro battuto. Esteticamente il ricordo barocco non lascia una buona impressione dell'edificio, tenuto incolto e a tratti fatiscente. La villa maestosa di molti anni fa, è stata suddivisa in appartamenti dal dubbio gusto retrò, assolutamente non in linea con gli standard corer. Ma è proprio questo che Astrid ama di quel posto: la decadenza. Perché non c'è nulla che non trasudi di storia, quando le mura parlano del tempo stesso. Il portone d'ingresso in massiccio legno d'acero è alto diversi metri, e probabilmente non viene aperto da decenni. Una piccola porta intagliata sullo stesso, viene utilizzata invece per il normale passaggio degli inquilini. Le scale in marmo sono tenute non molto bene, con qualche crepa nei punti critici. La luce al suo interno, scarsa e filtrata da grandi finestre dai vetri opacizzati per via dell'erosione, dona un'atmosfera nostalgica. Al secondo piano, vi è situato l'appartamento dell'albina, diviso dalle scale da una porta in mogano scuro. La targa in ferro battuto è sbiadita, ma è possibile leggere ancora le iniziali “D. Edwards”. Vecchio e nuovo s'intrecciano: pomelli in ottone anch'essi opachi si alternano al lettore di schede che riconosce solo l'IdN della proprietaria. L'abitazione non è molto grande, ma la cosa che stupisce è l'altezza del soffitto. Quattro metri di mura, tutte portanti s'innalzano donando una geometria simmetrica a tutte le stanze. Un quadro che prende gran parte della parete raffigura una scena rurale, è sicuramente la prima cosa che viene notata. Al di sotto, uno splendido mobile intagliato funge sia bacheca per contenere porcellane di varia natura – orientali, inglesi – sia da piano per diversi soprammobili, fra cui un grammofono. Il tavolo rotondo è in legno, attorniato da quattro sedie anch'esse dello stesso materiale con una comoda imbottitura in velluto. Al centro di esso una tovaglia sobria bianca e nera sulla quale vi sono poste altre tazze da tè. Al di sotto della finestra con tende in leggero cotone bianco, un termosifone in disuso, tenuto semplicemente come elemento d'arredamento. Sulla destra, un pianoforte a muro viene lasciato perennemente aperto; sembrerebbe essere l'unica cosa lasciata a prendere polvere. Collegata da un breve corridoio, la stanza di Astrid è delimitata da una porta bianca. Un piccolo baule azzurro accoglie gli ospiti, per poi proseguire verso il centro della stanza. La forma della camera spezza la simmetria dell'intero appartamento: via via il soffitto si abbassa per seguire l'inclinazione del tetto spiovente. Proprio in questo spazio si trova il letto e una piccola finestra a mezza luna fornisce la poca luce di cui le pareti ne sono intrise. La stanza si estende in lunghezza, adornata da scaffali con sopra diversi oggetti personali. Alcune lettere, libri, fiori secchi, una mano di legno per studi anatomici. Alle pareti diversi quadri che incorniciano farfalle e falene ma nessuna foto. La scrivania è tenuta ordinata e difficilmente verrà trovata in altro modo mentre una piccola bacheca mette in mostra degli uccelli impagliati, fra cui una civetta. Le pareti sono rivestite da una carta da parati a fiori di colori tenui come il celeste. Allontanandosi dalla camera, vi è poi la cucina, minuta ma con il necessario. Tutto è tenuto pulito, e spesso vi sono fiori freschi che adornano il centro del tavolo questa volta in toni più chiari, come tutto l'ambiente circostante. La causa è una grande porta a vetri che conduce ad un terrazzino nel quale vengono coltivate alcune piante, fra cui i narcisi. Affacciandosi, è possibile vedere uno scorcio incontaminato di Capital City: dei campi con dell'erba alta vengono cullati dal vento e di tanto in tanto – quando la nebbia si dirada, le luci del centro si mostrano in lontananza.